Intervistati da Annagiulia Dallera per Il Foglio, i due giocatori dell’Ax Armani Exchange Milano Giampaolo Ricci e Davide Alviti raccontano come riescono a coniugare la vita da atleta con gli studi universitari.
Un estratto dell’intervista.
In un momento così cruciale come playoff riuscite a mettere la testa sui libri senza problemi o il pensiero va alla partita?
A: “Credevo di riuscire a controllare la tensione per l’università come gestisco quella in campo, ma non è la stessa cosa. In questo momento sono ancora più teso perché ho 3 esami a maggio e voglio darli tutti. Altrimenti è come se mi portassi dietro una zavorra”.
R: “La testa va sicuramente ai playoff, alle partite. Anche fare un’ora al giorno di studio mi aiuta ad alleggerire la tensione, a staccare, visto che siamo sempre in palestra con una palla da basket in mano”.
Siete mai stati tentati di chiudere i libri e non riaprirli più?
A: “Sì e non lo nego. La cosa più difficile è riuscire a mettersi a studiare dopo l’allenamento, quando hai già sprecato molte energie fisiche e mentali”.
R: “No. La voglia di finire, di dimostrare che ce la potevo fare è sempre stata più forte”.
Cosa vuol dire studiare per voi?
A: “Significa ampliare il tuo bagaglio culturale e diventare una persona migliore e più elastica a livello mentale”.
R: “Vuol dire rispettare un impegno che mi sono preso con me stesso. Voglio poter dire di avercela fatta”.
Voi siete giovani e non penserete certo ora al post carriera: come ve lo immaginate? Una laurea sarà importante per quella fase della vita?
A: “Un giorno voglio essere indipendente e lavorare per conto mio. Non viaggerò troppo, perché non voglio che la mia famiglia mi debba seguire in giro per il mondo. Non sceglierei mai la vita del manager sportivo”.
R: “Mi piacerebbe lavorare in qualche azienda con giacca e cravatta. Mi vedo bene anche come professore. Non so cosa mi riserverà il futuro, ma credo che questa laurea miaprirà diverse porte”.
Come si tengono insieme studio e sport, università e basket, questo svolto ai più alti livelli in Italia e in Europa?
A: “Ho sempre avuto il dilemma di riuscire a conciliare basket e studio. Non avevo ancora iniziato l’università per questo motivo, perché non sapevo a cosa andassi incontro. Quest’anno, dato che abbiamo una formula di allenamenti diversa, ho tutto il pomeriggio libero per studiare. L’importante è saper gestire il proprio tempo al meglio e togliere le distrazioni”.
R: “Non bisogna cercare scuse. È una questione di voglia e di organizzazione. Se uno veramente vuole qualcosa, non deve mollare ancora prima di provarci”.
I professori, le interrogazioni, i compiti in classe hanno ostacolato lo studio? O avete avuto insegnanti che erano pazienti con voi che dovevate allenarvi tutti i giorni e affrontare trasferte?
A: “Non tutti mi venivano incontro o capivano le mie difficoltà. Per me il basket rappresentava già qualcosa di simile a un lavoro. Non venivo aiutato neanche con interrogazioni programmate. Studiavo nei tempi morti, quando viaggiavo sui mezzi o addirittura la mattina in bagno”.
R: “Durante la ricreazione, visto che studiavo e mi allenavo tutti i giorni, dormivo. La professoressa non se la prendeva e mi svegliava prima della lezione perché sapeva che ero uno dei più bravi”.
Scudetto o laurea?
A: “Scudetto”.
R: “Scudetto”.