Intervistato da Elisabetta Ferri per Il Resto del Carlino/Pesaro, l’ex presidente del Consorzio Luciano Amadori, ora sostituito da Franco Arceci, ricorda i suoi 10 anni da presidente con uno sguardo sul futuro.
Un estratto delle sue dichiarazioni.
“Franco Arceci è stata la scelta giusta: è una persona equilibrata e capace, ha dato una mano a molte realtà sportive pesaresi, sono sicuro che saprà gestire con la diplomazia che lo contraddistingue anche i momenti difficili, come già faceva in Comune”.
Mai avuto ripensamenti? “Mai. Anche perché una mano la do lo stesso, essendo rimasto nel Cda. E presto avrò molto da fare con Casa Vuelle”.
Vuole raccontarci il progetto che ha avuto un contributo dalla Fip? “Abbiamo costituito una società, Casa Vuelle appunto, di cui sono presidente. Era il mio sogno quello di lasciare alla città una casa per il basket. Sarà un’eccellenza nazionale, con una palestra dove si alleneranno sia la prima squadra che le giovanili, bar e ristorante, una palestra al piano superiore, il centro medico della Fisioclinics del dottor Benelli e al piano interrato un ambiente da sfruttare su cui abbiamo tante idee. La sede della società si trasferirà e ci faremo un museo”.
Di che cosa è più soddisfatto? “Della stima di cui godiamo in giro, i prestiti dei grandi club che ci affidano i loro prospetti lo testimoniano: si fidano della nostra serietà. E personalmente, degli attestati che ho avuto quando ho deciso di lasciare, anche da persone che non conosco. Ero un tifoso della Vuelle ai tempi in cui Franco Bertini giocava, esserne diventato dirigente e rapportarsi con questo mondo dandogli del tu, è stato bellissimo”.
Cosa dirà a Jasmin Repesa al suo ritorno? “Quando se ne andò dissi che ero rimasto deluso da lui come uomo anche se come coach non si discute: il mio pensiero è ancora questo”.
Chi è Lorenzo Pizza per Amadori? Entrerà nella Vuelle o no? “Un caro amico, un imprenditore capace, un bravissimo presidente. Lasciamogli il tempo per prendere la decisione più opportuna. I rapporti fra noi sono ottimi, che la gente ci creda o meno.”