Dino Meneghin, leggenda della pallacanestro italiana, fa un viaggio nel tempo per raccontare le sue imprese sportive in un docufilm. Tutto parte da Masnago, luogo in cui sono andate in scena molte delle sue gesta. Di seguito l’estratto di un’intervista tratta da un articolo di Giuseppe Sciascia de la Prealpina.
“È stata una cavalcata entusiasmante: ho avuto la fortuna di giocare per una società come l’Ignis, con grandi allenatori, dirigenti e compagni. E ci metterei anche il pubblico, perché Varese ci ha sempre sostenuto con calore anche nei momenti più difficili. Vedendo gli stendardi appesi al soffitto di Masnago viene un po’ di nostalgia, ma per fortuna ci sono perché aiutano a riordinare i ricordi”.
Ricordi che hanno fatto la storia di una città dove lei è arrivato giovanissimo da Alano di Piave ed è diventato il simbolo della squadra più bella di sempre.
“Condivido volentieri questi meriti con i compagni: non sono Yuri Chechi o Adriano Panatta, il basket è uno sport di squadra, ho vinto tantissimo e provato sensazioni incredibili perché giocavo con compagni straordinari. Ma la cosa più bella è che a distanza di 50 anni abbiamo ancora un rapporto bellissimo: stiamo bene insieme e siamo consapevoli che tutto quello che abbiamo vinto è figlio dell’amicizia”.
Lo scopo del docufilm sulla sua vita ha anche questo valore divulgativo dell’im portanza del basket per socializzare?
“È la cosa più importante che possa insegnare uno sport di squadra e il basket in particolare. Puoi ottenere risultati lavorando duramente, ascoltando l’allenatore e avendo lo scopo di vincere la partita, anziché di segnare più punti. Per giocare a basket servono tre cose: la testa, le gambe e il cuore. Dove non arrivano le prime due, devono arrivare la forza mentale e la tenacia”.
E questa Varese che gioca all’americana? Che cosa pensa del progetto Scola?
“La cosa importante è che la proprietà abbia una visione e continui a lavorare su tale progetto. Luis è una garanzia, già solo per l’esperienza e la credibilità che può mettere in campo. E poi c’è il pubblico che non si discute: ha dimostrato l’entusiasmo a supporto della squadra”.
Dunque Varese può generare entusiasmo anche senza puntare a vincere Scudetti e Coppe Campioni come ai tempi dell’Ignis?
“Serve trovare giocatori, più o meno giovani, che abbiano una fame pazzesca, e sappiano coinvolgere e divertire i tifosi. Questa è una piazza particolare: non servono giocatori che si sentono Michael Jordan, ci vuole gente disposta a lavorare molto più degli altri perché la concorrenza è molto valida. Però Varese ha dalla sua la forza della storia: la società non è nata ieri, ha un curriculum importantissimo a livello mondiale, bisogna avere la consapevolezza di dove e per chi stai giocando. Basta alzare lo sguardo agli stendardi appesi al soffitto per rendersene conto”.
Infine: un pronostico sulle semifinali Milano – Sassari e Virtus Bologna – Tortona al via domani?
“L’Olimpia deve stare attenta, soprattutto nella prima partita, a un’avversaria come la Dinamo che si presenta in gran forma dopo aver eliminato Venezia. Derthona, invece, è una squadra molto solida, ma in una serie da cinque gare non credo abbia chances con la Segafredo, per via dei valori in campo”.